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Ormai da tempo aveva deciso che si trovava nel passaggio tra l'infanzia e la vecchiaia di un destino personale e intrasferibile, di una vita che nessuno avrebbe vissuto al posto suo, né più, né meno, né meglio, né peggio. Gli altri potevano andarsene affanculo.
8 dic 2010

Disamore
fottuta lingua latina
non sapevamo litigare

I fiori li abbiamo sparsi
alleggerendoci i grembiuli
al passo svelto delle stagioni

coi baci prognati
sulle mani dei santi
in processione

Disincontro
dannate latitudini
al Tropico del Caos

dove arrendersi morire
per non vedere un senso
nella Lotta

lasciando la speranza
intralciasse i nostri sogni
coi tentacoli delle sue attese

Disordine
la nube saponata del tuo fiato
non s'aggrappa al muro cuore

e scivola
vernice annacquata
sui ricordi in calceviva

Ti ci puoi strozzare col silenzio
di fronte ai ricatti della vita
in cambio d'un nuovo orizzonte

Io c'ho banchettato
a labbra cucite
fino all'indigestione

ingoiando di palpebra
rovesciando in lacrime
disperazioni dal fallimento

Tu hai tentato per i capelli
ma le mie maree erano inverni
dove la luce non saliva a galla

Hai tentato di trascinarmi
e le mie maree erano valli
fiorite di gigli sanguinelli

Disastro
uno stormo di corvacci
incenerisce l'arcobaleno

Uno stormo di corvacci
intenerisce l'arcobaleno.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Io credo che non troverai spazio oggi, in mezzo a tutti questi "vecchi" della poesia. Del resto non si può essere come Rimbaud e pensare di essere compreso da chi non è almeno un Verlaine. Scrivi da dio, signora De Pippo.

Un umile lettore.